Object orientation e testing funzionale
Trattandosi di un approccio black box che ragiona sulle funzionalità e non sui dettagli implementativi, l’introduzione del paradigma a oggetti non dovrebbe cambiare nulla per quanto riguarda il testing funzionale. Se questa affermazione è vera per quanto riguarda la verifica di singole unità funzionali, lo stesso non si può dire nel caso di test di integrazione.
Nei linguaggi procedurali i test di integrazione sono infatti scritti secondo logiche alternativamente bottom-up o top-down: esiste cioè un punto di partenza dal quale partire ad aggregare le componenti, seguendo cioè una qualche forma di albero di decomposizione del programma.
Per quanto riguarda la programmazione a oggetti, invece, la situazione è molto più caotica: le relazioni tra le classi sono spesso cicliche e non gerarchiche (tranne per l’ereditarietà — la relazione meno interessante), in una serie di inter-dipendenze che rendono difficoltoso individuare un punto da cui partire a integrare.
Relazioni interessanti in questa fase sono infatti associazioni,aggregazioni o dipendenze, ma rendono complicato identificare il sottoinsieme di classi da testare. Per fare ciò si possono comunque utilizzare alcuni strumenti già visti:
- si può partire dai diagrammi degli use cases e scenari per testare i componenti citati;
- si possono osservare i sequence diagram per testare le classi protagoniste delle interazioni a scambio di messaggi descritte;
- si possono infine usare gli state diagram nella modalità che abbiamo già descritto.